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Silvia Fanny, storia di un’artista

Silvia Fanny nasce a Torino e proprio in questa città, con un’impronta storica e culturale di circa duemila anni, inizia a sviluppare, sin dall’infanzia, un’attrazione viscerale verso l’arte, cogliendo tutti gli spunti che il capoluogo piemontese, così vivace e ricco di curiosità, le offre. Anche le vibrazioni e il fermento per le grandi innovazioni industriali di quell’epoca contribuiscono ad accendere in Silvia l’interesse per le grandi attività produttive, tracciando i primi sfuocati ma profondi contorni della sua vita da imprenditrice.  

Appassionata di cinema, teatro e scrittura, frequenta
con dedizione corsi e scuole di recitazione, che rappresentano per la giovane artista linfa vitale per nutrire il suo carattere creativo, lasciando che la dimensione artistica si mescoli alla realtà.

Le sue ambizioni non si fermano alla sola arte, ma
trovano terreno fertile per essere coltivati anche gli studi letterali ed
economici, che partecipano a formare la personalità dell’artista, così eclettica e poliedrica: Silvia lascerà spazio anche allo sport e al tennis, ma anche al cinema, alla danza e alla scrittura.

Fanno da cornice a un carattere così vivace e curioso
alcune influenze americane, grazie ai numerosi viaggi a New York City, città unica nel suo genere per le opere dei grandi musei e le avanguardie delle gallerie, per il suo cuore multietnico, baluardo delle più interessanti diversità artistiche e culturali.

Nondimeno, il dinamismo della città portuale di Genova
– capoluogo di provincia del paese di origine di sua madre – gli
intricati carruggi che si gettano nel mare e le ataviche reti dei pescatori di Boccadasse hanno donato all’artista una visione così creativa della vita.

Nel 1991, finalmente, l’iniziazione dell' artista: durante una visita in un’azienda di costruzioni meccaniche, Silvia poco più che bambina si aggira con curiosità tra quegli enormi “mostri” meccanici – simbolo di innovazione e avanguardia - e, proprio in quell’occasione, un truciolo bollente, volteggiando nell’aria del progresso, si adagia sulla sua esile mano, lasciandole un segno indelebile.

Da quel momento, nasce nell’artista una profonda e
insaziabile passione per il truciolo, tanto che studierà con ostinata
determinazione l’esatta frazione di secondo in cui quella striscia di
piccolissimo spessore, spesso arricciata, si fa tale, staccandosi dalla lavorazione
del metallo e prendendo così vita.

Imprevedibile nella forma, il truciolo diventerà per
Silvia sua musa ispiratrice: l’unico particolare lavorato è l’oggetto
realizzato a disegno e, per questo, l’opera nel suo risultato finale è così
struggente e acuta.

Se il truciolo rappresenta l’ispirazione di fondo, è
nella lavorazione del metallo che Silvia ritrova se stessa: una metà analitica,
logica e matematica, esattamente come il particolare lavorato a disegno e una
metà creativa, imprevedibile, acuta e tagliente, proprio come il truciolo.

E così il truciolo, da mero scarto di lavorazione, veste i panni dell’Araba Fenice per illuminare una creatività senza confini.

Nell’artista si agita un vortice passionale di
trucioli che dà vita a forme creative, che la ispirano a   realizzare la sua singolare e imprevedibile forma d’arte: un’idea, un’opera, una frase, un progetto, l’ispirazione per una nuova creazione.

Questa è Silvia Fanny.